Itinerario San Tomio

S. Tomio si raggiunge velocemente percorrendo la statale 46 in direzione Vicenza, ma è possibile arrivarci anche in bicicletta seguendo un’altra strada molto suggestiva. Partendo da Villa Clementi si prosegue per via San Giovanni e dopo poche centinaia di metri si svolta a destra per via Chenderle. Lungo questa strada, che costeggia il monte Palazzo, si erge il Barco Ghellini(1). Riprendendo il percorso si arriva alla chiesa parrocchiale(2), edificata nell’Ottocento sul sito di una cappella esistente già dal Duecento, che custodisce al suo interno la pala di San Tommaso realizzata da Giacomo Maganza nella prima metà del Seicento. Nei pressi della chiesa tra il 1988 e il 1990 sono venuti alla luce i resti di una villa rustica romana (databile al I sec d.C.). Poco più in là sorge la Villa Checcozzi Carli Dalle Rive(3), che, assieme alla contigua Corte dei Loschi, dava vita a un complesso spettacolare, abitato ininterrottamente dai tempi romani.
Interessante è, in zona Visan, il complesso di Villa Fabris(4) con l’oratorio della Concezione del 1688.
Tra le altre dimore storiche di S. Tomio è da ricordare la tardo secentesca Villa Checcozzi, ora Biotto-Grendene, (5) sita in via Fondo Muri.

BARCO GHELLINI(1)
Dal Quattrocento il termine barco sostituisce quello di barchessa, edificio rustico con porticati sostenuti da colonne e pilastri annesso alla villa.
Nel Cinquecento a quello dei Ghellini viene aggiunto un edificio padronale che lo collega alla colombara. La famiglia, si era riservata un’ala della casa per i periodi di villeggiatura, mentre l’altra era per il gastaldo e i suoi parenti.
La costruzione della facciata del barco risale al 1620. L’edificio è caratterizzato da una loggia formata da nove alti archi sostenuti da robusti pilastri. Un tempo si accedeva al porticato dall’arco centrale per mezzo di una scalinata in pietra, sostituita nell’Ottocento da due accessi laterali. Sotto al portico, lungo tutta la parete, corre un ballatoio di legno che porta al piano superiore. All’interno dell’edificio sono conservati un antico focolare e un girarrosto a contrappeso datato 1578.
Davanti al palazzo si estende un vasta aia pavimentata al centro in cotto e delimitata su un lato da fienili e da case riservate un tempo alla servitù.

VILLA CHECCOZZI CARLI DALLE RIVE E CORTE DEI LOSCHI (3)
Nel Quattrocento nell’attuale corte di Villa Checcozzi si trova un casale appartenente ai Loschi. A metà Cinquecento la corte viene rinnovata e si costruiscono la dimora padronale, le scuderie e le stalle. Appartiene loro anche il Serraglio un ampio terreno allora coltivato ad alberi da frutto. Nel Seicento la Corte e il Serraglio diventano proprietà dei Ghellini per poi passare nel Settecento a Matteo Checcozzi, avvocato di Vicenza. L’attuale impianto della villa è progettato sempre nel Settecento dal Muttoni, che preserva una preesistente, quanto suggestiva, stanza dell’alcova cinquecentesca. Voluta da Matteo Checcozzi come luogo di rappresentanza, la villa si presenta piuttosto come un palazzo di città, pertanto in contrasto con il contesto rurale in cui si trova. La facciata ha un impianto simmetrico e concentra gli episodi architettonici nella parte centrale, lievemente sporgente. La caratterizzano quattro lesene corinzie che si appoggiano su di un bugnato gentile rifatto nell’Ottocento.
Stupefacenti sono le decorazioni e gli affreschi del Salone destinato all’accoglienza degli ospiti, terminati nel 1717. Questo è munito anche di un ballatoio ligneo, che partecipa al gioco dell’inganno prospettico dei dipinti. Straordinari sono anche gli scaloni, concepiti anch’essi come elementi di rappresentanza. Le statue simboliche della Scala d'onore sono attribuite ad Angelo Marinali.

VILLA FABRIS (4)
Percorrendo la strada comunale di Visàn, circondata da campi di mais e cave di argilla, si giunge ad un grande arco: è l'accesso laterale del complesso denominato Villa Fabris, dal nome dei proprietari che la acquistano all'inizio del Novecento. Essa sorge probabilmente su un insediamento romano: nella casa padronale, infatti, sono stati rinvenuti alcuni vasetti lacrimali e tre urne cinerarie, ora conservate al Museo Archeologico di Vicenza. I primi documenti che abbiamo ci dicono che nel 1437 il proprietario, il nobile vicentino Francesco Branzo de' Loschi, fa scavare un canale, la roggia Branza, per portare fin lì l'acqua del torrente Livergon. Nel Cinquecento la villa diventa proprietà della famiglia Bissari; alcuni documenti dell'epoca la descrivono in modo molto simile allo stato attuale, con un alto porticato rivolto a Sud, la grande aia pavimentata in cotto, file di colonne ai lati. Alla fine del Seicento l'edificio ed i campi circostanti vengono acquistati da un avvocato vicentino, Ortensio Zago, singolare figura di studioso, appassionato di idraulica, archeologia, architettura. Nel 1688 egli fa edificare l'oratorio dell'Immacolata Concezione che sorge a fianco dell'ingresso Ovest, il cui altare è decorato con sculture della bottega di Orazio Marinali e da una tela. Sull'architrave si può vedere un'iscrizione di carattere apotropaico che recita: “XTVS NOBISCV NOXIA QUÆQUÆ STATE” (Cristo è con noi, forze malvagie state lontane!).

Tratto da MUSEIALTOVICENTINO


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